Il percorso del paziente. L’incontro con il limite
Accanto alla codificazione e proposizione di sempre più efficaci strategie di comunicazione, si è potuto rilevare come l’implementazione della capacità relazionale empatica, attraverso formazione con metodologie attive, sia di fatto la migliore per qualità e durata.
Infatti “rem tene…verba sequentur”, cioè se si mantiene un contatto empatico con il vissuto del paziente, se per pochi minuti si condivide il suo orizzonte fenomenologico e il suo vissuto emotivo, ecco che “le parole per dirlo” vengono, e sono, magicamente, le più adatte, o meglio, congruenti con la situazione che paziente e medico stanno condividendo in quel momento.
Per stare in contatto con le emozioni dell’altro bisogna aver dimestichezza con le proprie, questo per evitare sia il rifiuto/ negazione che una arbitraria e fittizia identificazione, cioè bisogna saper esercitare solo una vera empatia rogersiana. La metodologia attiva esperienziale si propone di “far sentire” al medico questi vissuti forti, significativi e paradigmatici, per aiutarlo ad entrare in contatto con il sentire del paziente e potersi, quindi, parlare.