Metabolé dopo aver riflettuto sulle pratiche del tatuaggio e aver commissionato allo IUSVE una piccola indagine su un gruppo di soggetti giovani adulti che hanno da tempo praticato tatuaggi o piercing, partecipa al Convegno “Il corpo decorato: tatuaggi e piercing” organizzato in collaborazione con lo IUSVE. Il Convegno si tiene il 10 novembre 2018 nell’Aula Magna IUSVE Campus di Mestre. Durante il Convegno, occasione di studio e confronto, vengono presentate le sintesi di una corposa indagine IUSVE svolta sugli adolescenti e dell’altra più contenuta sul gruppo di giovani adulti.
Tatuaggi e piercing appartengono alla categoria delle body modification ovvero quelle pratiche finalizzate ad alterare deliberatamente il corpo; si tratta di una forma d’arte universale praticata da migliaia di anni per varie finalità. Negli ultimi tre decenni il tatuaggio e il piercing sono stati reintegrati nella cultura dominante grazie all’azione di propaganda dei media e della cultura dello spettacolo divenendo così “vendibili” e, di conseguenza, “familiari”. Sono “qualcosa da fare perché è bello, perché adorna, perché sottolinea un aspetto del corpo” sostengono molti giovani.
Ma è proprio e solo così?
È questo quello che il gruppo di ricerca dello IUSVE ha cercato di capire con uno studio durato tre anni. Si è indagato sia negli adolescenti, che si trovano nell’età in cui si va organizzando nella loro mente un’opinione più precisa sull’idea di effettuare un piercing o un tatuaggio, sia in un gruppo di soggetti giovani adulti che avevano già da tempo praticato tatuaggi o piercing.
Il dibattito attuale si organizza intorno a due ipotesi contrapposte: da una parte si schiera chi sostiene che tali pratiche si associno a condizioni psicopatologiche o che ne rappresentino in ogni caso un importante predittore e, dall’altra, quanti supportano l’ipotesi che abbiano un ruolo nella costruzione dell’identità dell’adolescente nel senso che quest’ultimo, rispondendo al bisogno di esprimere la propria individualità, interverrebbe sul proprio corpo.
Sospesi nell’aria come funamboli
Ragionare attorno all’elemento Aria per svolgere l’ultima conferenza sui 4 elementi, ha portato a diverse riflessioni. Dai filoni significanti dell’alchimia, a quelli che richiamano la leggerezza, l’immateriale, l’invisibile, lo spirituale soffermandosi sulle fasi di passaggio e trasformazione fino all’immagine del compimento sacrificale della sirenetta che diventa schiuma/aria nella rilettura junghiana della favola di Andersen (Crema).
Si era deciso di assegnare l’ultima conferenza all’elemento Aria dandole così un significato di sintesi, quasi suprema, di fiducia e speranza per l’uomo nel nostro tempo.
Ed è comparsa così la figura del funambolo, dell’uomo che vive pericolosamente, che cammina sul cavo (vita) che cerca di non farsi far cadere dalla sua stessa ombra, che si muove tra due estremi, che deve andare avanti (nonostante tutto) e se cade ha attraversato (comunque) il pericolo con gioco.
Questo funambolo è l’uomo autentico, “in sospensione nel vuoto a contatto con l’abisso di sé” (Briganti). E’ l’uomo a cui guarda la folla con il naso all’insù, è l’uomo da cui vorremo apprendere per vivere con le poche certezze di un cavo teso sul vuoto.
Un confronto tra due funamboli, Philippe Petit, che dello sguardo alla vita ne ha fatto un gioco e professione, e Zarathustra di Nietzsche, è il tema della conferenza che Metabolé propone per offrire visioni pregnanti di significati esistenziali e allo stesso tempo puntelli per attraversare il cavo che ci porta all’altra sponda, qualunque sia.